mercoledì 10 ottobre 2012

Il Teatro alla Moda: A' Poeti (1)


Finalmente entriamo nel vivo di questo ammirevole lavoro. Il primo capitolo (che per la sua lunghezza divideremo in due parti) è dedicato ai librettisti. La satira di Marcello si snoda attraverso una serie di ironici "suggerimenti" alle parti in causa, con riferimenti più o meno intelligibili a situazioni e persone reali (uno per tutti, l'Orso è Orsatti, impresario del Teatro di San Moisè). Il testo è chiaro e godibile, e non necessita spiegazioni. Una sola raccomandazione, valida per l'intero lavoro: non si consideri il Teatro alla Moda come una severa critica di un genere in decadenza, antesignano della "riforma" gluckiana (così venne interpretato dalla storiografia romantica). Accanto a questo aspetto "è anche testimonianza di una sgangherata, ma incoercibile vitalità, dimostrazione del fatto che, se pur in mezzo a quegli inestirpabili difetti, il melodramma rimane vivo e vegeto, forse la condizione stessa del difetto è intrinseca alla natura del teatro" (Dorsi, Rausa). 
Bando alle ciance, leggiamo Il teatro alla Moda!


A' POETI

In primo luogo non dovrà il Poeta moderno aver letti, né legger mai gli Autori antichi Latini o Greci. Imperciocché nemeno gli antichi Greci o Latini hanno mai letti i moderni. Non dovrà similmente professare cognizione veruna del Metro e Verso Italiano, toltane qualche superficiale notizia che il Verso si formi di sette o d’undici sillabe, con la quale Regola potrà poi comporne a capriccio di tre, di cinque, di nove, di tredici, e di quindici ancora.

Dirà bensì di aver corsi gli studi tutti di Matematica, di Pittura, di Chimica, di Medicina, di Legge, etc. protestando che finalmente il Genio l’ha condotto con violenza alla Poesia, non intendendo però il vario modo di ben accentare, rimare, etc. etc., non li Termini Poetici, non le Favole, non l’Istorie, ma introducendo anzi nell’Opere sue per lo più qualche termine delle Scienze sopracennate, o d’altre, che non abbiano punto che fare con la poetica Istituzione.
Chiamerà pertanto Dante, Petrarca, Ariosto, etc. Poeti oscuri, aspri e tediosi, e per conseguenza nulla o poco imitabili. Sarà bensì provveduto di varie moderne Poesie, dalle quali prenderà sentimenti, pensieri e gl’interi Versi, chiamando il furto lodevole Imitazione.
Ricercherà il Poeta moderno, prima di compor l’Opera, una nota distinta dall’Impresario della quantità e qualità delle Scene ch’esso Impresario desideri, per introdurle tutte nel Dramma; avvertendo se vi entrassero Apparati di Sagrificio, di Cene, di Cieli in terra, o d’altro Spettacolo, d’intendersi bene con gl’Operari, cioè con quanti Dialoghi, Soliloqui, Ariette, etc. debba egli allungar le Scene antecedenti, perché abbiano commodo di preparar ogni cosa: benché, per ciò fare, l’Opera poi convenga snervarsi e s’attedi l’Udienza soverchiamente.
Scriverà tutta l’Opera senza formalizarsi Azzione veruna della medesima, bensì componendola verso per verso, acciocché non intendendosi mai l’Intreccio dal Popolo, stia questi con curiosità sino al fine. Avverta sopra ogni cosa il buon Poeta moderno, che siano fuori ben spesso tutti li Personaggi senza proposito, quali poi ad uno ad uno dovranno partire, cantando la solita Canzonetta.
Non ricercherà mai il Poeta l’abilità degli Attori, ma piuttosto se l’Impresario sarà provveduto di buon Orso, di buon Leone, di buon Rossignolo, di buone Saette, Terremoti, Lampi, etc.
Introdurrà una scena magnifica e di curiosa apparenza in fine dell’Opera, perché il Popolo non parta a mezzo, chiudendo con il solito Coro in onore o del Sole, o della Luna, o dell’Impresario.
Dedicando il Libro a qualche gran Personaggio cercherà che questi sia piuttosto ricco che dotto, patteggiando il terzo della Dedica con qualche buon mediatore sia poi Cuoco, o Mastro di Casa del Soggetto medesimo. Ricercherà in primo luogo da questi la quantità e qualità de’ Titoli co’ quali deve adornare il suo Nome nel Frontespizio, accrescendo poi detti Titoli con etc. etc. etc. etc. Esalterà la Famiglia e le Glorie degli Antenati, usando ben spesso nella Epistola Dedicatoria li termini di Liberalità, Animo generoso, etc., né trovando nel Personaggio (siccome sovente accade) motivi di laude, dirà, ch’egli tace per non offendere la di lui modestia, ma che la Fama con le sue cento Sonore Trombe spargerà dall’uno all’altro Polo il di lui Nome immortale. Chiuderà finalmente con dire, per atto di profondissima Venerazione, che bacia i Salti de’ Pulci de’ Piedi de’ Cani di Sua Eccellenza.
Sarà utilissima cosa al Poeta moderno di fare una Protesta a’ Lettori ch’ha composta l’Opera negl’anni più giovanili, e se potesse aggiungervi d’aver ciò fatto in poche giornate (benché gli avesse lavorato intorno più anni) ciò appunto sarebbe da buon moderno, mostrando scostarsi affatto dall’antico precetto: Nonumque prematur in annum, etc. etc.
In tal caso potrà dichiararsi ancora d’esser egli Poeta per solo divertimento, a motivo di sollevarsi da occupazioni più gravi, ch’era lontano dal pubblicare la sua fatica: ma per consiglio d’Amici e comando de’ Padroni s’è indotto a ciò fare, non mai per desiderio di lode o speranza di lucro. Di più che la Virtù insigne de’ Rappresentanti, l’Arte celebre del Compositor della Musica, e la destrezza delle Comparse e dell’Orso correggeranno i difetti del Dramma.
Nella Sposizione dell’Argomento farà un lungo Discorso intorno a’ Precetti della Tragedia e dell’Arte poetica, riflettendo con Sofocle, Euripide, Aristotele, Horazio, etc. Aggiungendo in fine che conviene al Poeta corrente abbandonar ogni buona Regola per incontrar il Genio del corrotto Secolo, la licenziosità del Teatro, la stravaganza del Maestro di Capella, l’indiscretezza de’ Musici, la delicatezza dell’Orso, delle Comparse, etc.
Avverta però di non trascurare la solita Esplicazione degli tre Punti importantissimi d’ogni Dramma: il Loco, il Tempo e l’Azzione. Significando il Loco: NEL TAL TEATRO; il Tempo: DALLE DUE DI NOTTE ALLE SEI; l’Azzione: L’ESTERMINIO DELL’IMPRESARIO.
Non importa che il Soggetto dell’Opera sia Istorico: anzi essendo state trattate tutte le Storie greche e latine dagli antichi Latini e Greci, e da’ più scelti Italiani del buon Secolo, appartiene al Poeta moderno l’inventare una Favola, fingendosi nella medesima Risposte d’Oracoli, Naufragi reali, mali auguri di Bovi arrostiti, etc. bastando solamente, che sia alla notizia del Popolo qualche Nome Istorico delle Persone. Tutto il rimanente adunque sarà un’Invenzione a capriccio, avvertendo sopra ogni cosa, che i versi non siano che mille doicento in circa comprese le Ariette.
Per render poi all’Opera maggior riputazione, cercherà il Poeta moderno che il Titolo sia piuttosto una principale Azzione della medesima, che il Nome d’un personaggio: verbi gratia in vece d’Amadis, di Bovo, di Berta al Campo, etc. dirà l’INGRATITUDINE GENEROSA, I FUNERALI PER FAR VENDETTA, l’ORSO IN PEATA, etc.
Gli Accidenti dell’Opera saranno Prigionie, Stili, Veleni, Lettere, Caccie d’Orsi, e di Tori, Terremoti, Saette, Sagrifizi, Saldi, Pazzie, etc., imperciocché da tali impensate cose il popolo resta oltremodo commosso: e se mai si potesse introdurre una Scena nella quale alcuni degli Attori si mettessero a sedere ed altri a dormire in un Bosco, o Giardino, nel qual Tempo gli venisse insidiata la Vita, e si risvegliassero (il che mai non s’è veduto sul Teatro Italiano), ciò sarebbe un toccare l’estremo della meraviglia.
Nello stile del Dramma non dovrà il Poeta moderno porre molta fatica, riflettendo che dev’essere ascoltato, ed inteso dalla Moltitudine popolare, che però ad effetto di renderlo più intelligibile, ometterà li soliti articoli, userà gl’insoliti lunghi periodi, epitetando abbondantemente, quando gli occorra compir qualche verso di Recitativo o di Canzonetta.

Sarà provveduto poi di gran quantità d’Opere vecchie, delle quali prenderà Soggetto e Scenario, né cambierà di questi che il Verso e qualche Nome de’ Personaggi, il che farà parimente nel trasportar Drammi dalla Lingua Francese, dalla Prosa al Verso, dal Tragico al Comico, aggiungendo o levando Personaggi secondo il bisogno dell’Impresario.
Farà gran brogli per compor Opere, né potendo altro fare, si unirà con altro Poeta, prestando il Soggetto, e verseggiandolo insieme con patto di partire il guadagno della Dedica e della Stampa.
Non lascerà partire assolutamente il Musico dalla scena senza la solita Canzonetta, e particolarmente quando per Accidente del Dramma dovesse quegli andar a morire, ammazzarsi, bever veleno, etc.
Non leggerà mai tutta l’Opera all’Impresario, bensì glie ne reciterà qualche Scena interrottamente; e replicatamente quella del Veleno, o del Sagrifizio, o delle Sedie, o dell’Orso, o del Saldi, aggiungendo che se quella tal Scena gli falla, non occorre più compor Opere.

Continua...

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