Così si espresse in un'intervista del 1920 Sir Thomas Beecham, influente direttore d'orchestra e compositore britannico. Frase dettata da gretta ignoranza - del passato - mista a malafede (compositrici importanti furono contemporanee di Beecham, come Cécile Chaminade), ma emblema di un problema generale piuttosto scottante, ossia il profondo maschilismo e la misoginia che affliggono la storia della musica. Le donne non hanno mai goduto di una buona considerazione nel mondo musicale: l'ideale della donna quale madre e moglie, custode del focolare domestico, comportava che fossero malviste donne libere, indipendenti, talvolta ricche come potevano esserlo le cantanti d'opera. La musica era un nobile passatempo per ogni fanciulla di buona famiglia, ma non doveva travalicare in una occupazione professionale che la potesse distrarre dal compito primario cui era destinata dalla "società naturale".