Dalle Kritische Briefe über die Tonkunst (1760) di Friedrich Wilhelm Marpurg, critico, teorico musicale e compositore prussiano:
Leonardo Vinci e Nicola Porpora, due compositori italiani al loro tempo celebri, una volta, a Roma, in occasione del carnevale, dovevano rappresentare ciscuno due nuove opere di loro creazione. Ognuno di loro aveva il suo teatro; ognuno aveva la sua compagnia di buoni cantanti; ognuno aveva anche i propri sostenitori; erano gelosi entrambi l'uno dell'altro; e ognuno aveva la sua caffetteria dove si incontrava con i propri amici, per dare
ogni tanto sfogo alla bile accumulata contro l'altro. La prima opera di entrambi incontrò favore. La seconda opera di Porpora doveva essere rappresentata alcuni giorni prima della seconda di Vinci. I sostenitori di Porpora si erano dati un gran daffare per vantare la superiorità della sua seconda opera rispetto alla prima e avevano destato una grande aspettativa tra gli amanti della musica. Vinci temeva ormai di dover soccombere con la sua seconda opera, soprattutto perché questa sarebbe andata in scena alcuni giorni dopo. Si immaginava che il lavoro del rivale avrebbe sottratto al suo tutti gli applausi. Nessun discorso dei suoi amici servì; meditò allora un mezzo per ostacolare il buon esito dell'altro: pensò di comprare 150 biglietti di ingresso al teatro di Porpora e distribuirli ad altrettanti suoi amici, che poi durante le prove generali dell'opera avrebbero dovuto fischiare e rumoreggiare: ma per far questo non aveva abbastanza denaro. Gli venne in mente un altro tiro, altrettanto poco realizzabile. Si noti che a Roma il successo o l'insuccesso della prova generale di un'opera - in quanto è questa che si ascolta e si valuta con la massima attenzione - determina buona parte del destino dell'intera opera. Che si poteva dunque fare? Il buon Vinci era disperato e attendeva tremando il destino della sua nuova opera, nella penosa certezza che si sarebbe risolta in un fiasco.
ogni tanto sfogo alla bile accumulata contro l'altro. La prima opera di entrambi incontrò favore. La seconda opera di Porpora doveva essere rappresentata alcuni giorni prima della seconda di Vinci. I sostenitori di Porpora si erano dati un gran daffare per vantare la superiorità della sua seconda opera rispetto alla prima e avevano destato una grande aspettativa tra gli amanti della musica. Vinci temeva ormai di dover soccombere con la sua seconda opera, soprattutto perché questa sarebbe andata in scena alcuni giorni dopo. Si immaginava che il lavoro del rivale avrebbe sottratto al suo tutti gli applausi. Nessun discorso dei suoi amici servì; meditò allora un mezzo per ostacolare il buon esito dell'altro: pensò di comprare 150 biglietti di ingresso al teatro di Porpora e distribuirli ad altrettanti suoi amici, che poi durante le prove generali dell'opera avrebbero dovuto fischiare e rumoreggiare: ma per far questo non aveva abbastanza denaro. Gli venne in mente un altro tiro, altrettanto poco realizzabile. Si noti che a Roma il successo o l'insuccesso della prova generale di un'opera - in quanto è questa che si ascolta e si valuta con la massima attenzione - determina buona parte del destino dell'intera opera. Che si poteva dunque fare? Il buon Vinci era disperato e attendeva tremando il destino della sua nuova opera, nella penosa certezza che si sarebbe risolta in un fiasco.
Tra i cantanti di Vinci si trovava un castrato di nome Gaetano Baerenstadt, che del canto non si preoccupava molto, ma per contro (uno strano personaggio tra quelli del suo genere!) si dedicava tanto più intensamente allo studio e per questo si era fatto apprezzare in molte nobili case. Generalmente, nelle opere in cui cantava si accontentava delle ultime parti. Porpora, per sua sfortuna, una volta aveva parlato male di lui; di conseguenza la situazione offrì a Baerenstadt una comoda opportunità di vendicarsi di Porpora e al tempo stesso togliere d'impaccio Vinci. Dunque Baerenstadt rincuorò Vinci e lo esortò a fare affidamento su di lui e a non preoccuparsi; poi comprò diverse libbre del migliore e più secco tabacco spagnolo che si potesse trovare e ne riempì vari rotolini di carta, lasciando sopra e sotto una piccola apertura. Armato di quegli aggeggi si recò, abbigliato in modo da non farsi riconoscere, nel teatro dove doveva tenersi l'ultima prova dell'opera di Porpora; qui riservò un intero palco per sé solo nell'ordine più alto e vi si tenne quanto più possibile nascosto. Quando, con un gran concorso di pubblico, iniziò la prova generale e gli amici di Porpora non mancarono di mostrare, il più frequentemente e rumorosamente possibile, il loro consenso e la loro ammirazione, Baerenstadt cominciò a soffiar fuori il tabacco da un paio dei suoi rotolini più forte che poteva. Il tabacco si diffuse subito su tutta la platea e cominciò a cadere a poco a poco sugli spettatori sottostanti; questi se ne accorsero subito e cominciarono a guardare in alto per capire da dove provenisse quella pioggia tanto singolare. Intanto però il tabacco che cadeva si infilò nei nasi rivolti all'insù e tutti cominciarono a starnutire. Baerenstadt nel frattempo continuava a dar fuoco alle sue munizioni di tabacco. In quella strana circostanza, più la gente guardava in alto e più aumentavano gli starnuti e il rumore; i gridolini delle signore, che si lamentavano per i loro vestiti e i loro merletti, cominciarono a coprire la voce dei cantanti e alla fine tutti cercarono di uscire il più in fretta possibile dal teatro, cosicché alla fine del primo atto non si vedeva più neanche uno spettatore. Ora, poiché non si era potuta ascoltare e valutare con calma la prova, anche l'opera del povero Porpora ricevette, come è abituale a Roma, un duro colpo: e tanto maggior successo ottenne per contro l'opera di Vinci.
Un tiro mancino di un arguto cantante!
Il velo che il passato stende sui compositori (un velo tanto più spesso quanto maggiore è il tempo che ci separa da loro) si squarcia grazie a questi gustosi episodi che ci rivelano l'uomo in un modo totalmente diverso rispetto alle sue opere.
RispondiEliminaIndubbiamente scorretto, il nostro Vinci: ma ci ha strappato un sorriso.
Caro Megacle, ci siamo appena incontrati e già scopro che sei un cultore del teatro lirico... Una passione che condividiamo, anche se io non ho ancora accumulato un bagaglio di conoscenze paragonabile con il tuo. Comunque, ho apprezzato questo aneddoto, perché mostra come quel teatro "noioso" sia, in realtà, in grado di suscitare terrenissime passioni e di muovere le folle. O, perlomeno, lo è stato. In ogni caso, io continuo ad andare in loggione con lo spirito ingenuo del pubblico d'altri tempi... ;)
EliminaBenvenuta Erica! Il teatro d'opera è stato, fino alle soglie del '900, vivo e pulsante (solo in questo secolo si trasforma in vestigia del passato perché, ahimè, di nuove opere non se ne scrivono quasi più) fatto da uomini - e donne - come noi, con pregi e difetti.
EliminaNon perdere mai questa passione, grande nutrimento dello spirito :)
A presto!
Raccolgo il tuo invito :)... Anzi: sai che ho provato a comporre due libretti d'opera? C'è un mio amico organista che vorrebbe musicarli, una volta perfezionata la propria preparazione musicale... Non so se la cosa andrà in porto, ma è sempre una speranza a cui appigliarsi ;)... Au revoir! :D
EliminaDavvero?? Magnifico! Su quali soggetti?
Elimina"Virginia De Leyva" (la monaca di Monza, per intenderci) e "Semiramide" (d'après Diodoro Siculo). :)
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