martedì 20 settembre 2011

Nozze arciducali a Milano [2]: Ascanio in Alba


Il programma dei festeggiamenti per le auguste nozze prevedeva, per il 17 ottobre, la rappresentazione della "festa teatrale" su libretto di Giuseppe Parini Ascanio in Alba, musica di Mozart, sempre al teatro Regio Ducale e con la partecipazione dello stesso cast che aveva portato sulle scene il Ruggiero. Il dramma è l'unico libretto teatrale interamente scritto da Parini, fluido ed elegante, che non stona a fianco dell'ultima creazione metastasiana; ma ha un grande limite, definito dal poeta stesso "una perpetua allegoria relativa alle nozze delle LL.AA.RR. e alle insigni beneficenze compartite da S.M. la Imperatrice Regina massimamente a' suoi sudditi dello Stato di Milano". Quest'opera incontrò comunque maggiormente il favore del pubblico, con la sua ricchezza di cori, di balli e di spettacolari cambi scenici opera dei fratelli Galliari,maestri indiscussi di quest'arte.



L'opera narra del principe troiano Ascanio, figlio di Enea e di Venere (che simboleggia la madre dello sposo Maria Teresa, come il coro d'apertura chiarisce a beneficio di chi non l'avesse capito). Egli è promesso alla ninfa Silvia, discendente di Ercole (nome popolare nella famiglia Este, cui apparteneva la sposa). Silvia si innamora di un'immagine di Ascanio apparsale in sogno, ed egli si innamora di lei ma non gli è consentito dichiararlo. Questo veto dà modo ad entrambi di interpretare una scena in cui raccontare i propri patimenti, prima che, saggiata e accertata la loro virtù, possano felicemente congiungersi.
La commissione giunse per intercessione del conte Firmian, con l'aiuto del fratello (sovrintendente generale alla corte di Salisburgo) che convinse l'arcivescovo a concedere la licenza per il viaggio in Italia dei Mozart padre e figlio.  Wolfgang era già conosciuto dal pubblico milanese, che nel dicembre 1770 aveva assistito alla sua opera Mitridate re di Ponto, che ebbe gran successo, con ben 22 repliche. La sistemazione trovata a Milano non era teoricamente l'ideale, avendo sopra e sotto la camera dei violinisti, e nelle stanze adiacenti un maestro di canto e un oboista; Wolfgang non ne era però infastidito, anzi scrisse: "Per comporre è una delizia! Ti dà una quantità di idee!".
La musica della prima parte è abbastanza convenzionale, funzionale al basso contenuto emotivo del testo. Vi si distinguono la prima aria di Silvia, una semplice cavatina seguita poi da un'aria più estesa, e un'aria di Ascanio dalla particolare struttura (una prima parte in adagio, seguita da un tempo più veloce con un nucleo in Andante) che rispecchia le emozioni del personaggio.
La seconda parte presenta invece momenti più intensi, ed è meno incentrata sui soli protagonisti. Le arie sono trattate con maggiore libertà, per evitare ripetizioni meccaniche e pedantesche. Un ruolo importante spetta al coro. In origine erano prvisti, al termine di ciascuna parte, dei balletti, la cui musica venne scritta eccezionalmente da Mozart (di solito veniva affidata a un musicista minore), ma che oggi è perduta.
Dal punto di vista tecnico ed espressivo, le arie e i cori dell'Ascanio non superano quelli del Mitridate; la vera novità risiede nella cura dei recitativi accompagnati, ove Mozart affida all'orchestra di rispecchiare le sensazioni del cantante, spesso anticipando le parole del personaggio. Esemplari sono i recitativi che precedono la prima aria di Ascanio e l'ultima di Silvia, che danno forza ai repentini cambiamenti nello stato emotivo dei personaggi.

L'opera ebbe gran successo, nonostante l'incidente del 24 ottobre (quando il crollo di un'impalcatura durante l'esecuzione dell'Ascanio causò diversi morti e feriti), e Leopold potè scrivere a casa: "Mi addolora molto, ma la serenata di Wolfgang ha ucciso l'opera di Hasse". 
I Mozart pranzarono dal conte Firmian l'8 novembre, e Wolfgang ebbe in dono un orologio tempestato di diamanti, con il ritratto dello sposo. Fu durante questo viaggio che Leopold coltivò l'idea di un incarico alla corte dell'arciduca Ferdinando; egli temporeggiò, chiedendo consiglio alla madre. La risposta di Maria Teresa è celebre:
Mi chiedi un parere sull'assunzione del giovane salisburghese al tuo servizio. Non ne vedo il motivo, ritenendo che tu non abbia bisogno di un compositore né di persone inutili. Tuttavia, se questo ti fa piacere io non ti ostacolerò. Voglio dirti, però, di non sobbarcarti inutili e non dare mai credito a personaggi siffatti. Persone di questa fatta, che girano il mondo come mendicanti, screditerebbero il livello del servizio, ove le assumessi. Inoltre, costui ha una famiglia numerosa
Il consiglio dell'Imperatrice appare essenzialmente sensato: Ferdinando non aveva bisogno di lui e l'assumere un compositore tedesco in una città italiana avrebbe indebolito l'autorità dell'arciduca nei confronti del suo gruppo dirigente musicale. Appaiono comunque oscuri il commento gratuito sull'impoverimento del servizio e l'errore, voluto o meno, sulle dimensioni della famiglia. Ciò che appare lampante sono le implicazioni dello status di Wolfgang, e l'opinione dei mecenati, nel lungo periodo, su un giovane trascinato in giro per l'Europa.
Hasse, munificamente ricompensato dall'imperatrice nonostante l'insuccesso dell'opera, vivrà a Venezia fino alla morte nel 1783, stimato e rispettato.
Mozart tornerà a Salisburgo con un pugno di mosche, senza incarico, con la sola soddisfazione di un successo teatrale e con un orologio tempestato di diamanti.

Ouverture

Parte I- Aria di Ascanio "Cara, lontano ancora"

Parte I - Aria di Silvia "Come è felice stato"

Parte II - Aria di Fauno "Dal tuo gentil sembiante"

Parte II - Aria di Silvia "Infelici affetti miei"

9 commenti:

  1. In fin dei conti, il vecchio (Hasse) ha avuto ragione del nuovo, anche se Mozart qui si limita a un dignitoso esercizio di composizione. Non a caso la parte migliore sembra essere l'Ouverture, dove le restrizioni dovute agli usi operistici dell'epoca sono molto più allentate e Mozart può muoversi un po' più liberamente.

    In ogni caso la sorte di Hasse, quella extra-musicale, almeno, è stata migliore di quella di Mozart, costretto a cercare invano un posto a corte e disprezzato dai suoi potenziali datori di lavoro, un po' anche per via del suo carattere ribelle.

    Quando Wolfgang finì ai ferri corti con Colloredo, si sparse la voce; così il Principe Elettore di Monaco si guardò bene dall'assumerlo, pur apprezzando le sue capacità, mentre l'Imperatore gli affidò i balli di Carnevale, non sinfonie, concerti o altre composizioni di vasto respiro, e continuò a circondarsi di compositori minori per commissionar loro le musiche più importanti.

    Non mancarono poi altri commenti sprezzanti, da far bene il paio con quello di Maria Teresa: la "porcheria tedesca" di Maria Luisa di Borbone, la noia perenne con cui Zinzendorf fulminò le Nozze e la Clemenza di Tito, le critiche dei giornali che esaltavano Boccherini a scapito di Mozart, ritenuto un autore troppo difficile, e trattavano il Don Giovanni e le sue scene più fosche alla stregua di una "farsa monacale", deprecandone l'erudizione e la scipitezza.

    A ben vedere, più o meno gli stessi strali dovette subire Beethoven, che tuttavia aveva più personalità per ribattere e mandare al diavolo i contemporanei scettici e aggrappati a un'altra epoca.

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  2. Beh Mozart, nonostante tutto, non poteva ancora comportarsi come Beethoven. Sulla "porcheria tedesca" avevo già qualcosa in mente, non anticipo per ora. Su Giuseppe II si apre un vaso di Pandora: il bellissimo libro di Buscaroli sul rapporto tra Wolfgang e l'Imperatore è per la prima volta, e coraggiosamente in totale controtendenza con la vulgata tradizionale, vede nell'Asburgo una delle vere e più profonde cause della rovina viennese di Mozart. A ragion veduta, Giuseppe II fu tutto tranne che l'amorevole mecenate innamorato dell'arte del nostro salisburghese. Forse il vento sarebbe cambiato con Leopoldo II? Non lo sapremo mai, la storia non si fa con le ipotesi.

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  3. Comunque, anche se convenzionale, è pur certo un lavoro considerevole per un quindicenne. Il punto forte del suo successo fu, come ho detto, l'abbondanza di "spettacolo", che fu gradito ai milanesi

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  4. Una mezza voglia di rispondere, a dire il vero, Mozart ce l'aveva. Come confidò al padre, voleva scrivere "un libro, una piccola critica musicale con esempi" per dare la paga ai viennesi.

    Su Giuseppe II sono totalmente d'accordo: la figura di mecenate molto improbabile che già traspare dal film Amadeus diventa manifesta nel testo di Buscaroli, che nella successiva biografia su Beethoven non ha risparmiato neanche i successori.

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  5. Beh su Leopoldo II andrei cauto. I suoi rapporti con Mozart furono brevi, e forse dubitava di lui perché molto compromesso (inconsapevolmente) con la politica del defunto fratello, che stava portando l'impero sull'orlo della rivolta nobiliare. E probabilmente aveva cose più urgenti cui pensare oltre alla musica. Si sa invece che al contrario della moglie apprezzò la Clemenza.
    Francesco II invece era un soldato, una mente pratica da funzionario statale; della musica non gli interessava nulla. Si può dire che con suo padre ha fine la lunga lista di Asburgo amanti della musica (massimamente Leopoldo I nel '600).

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  6. La morte prematura di Mozart e di Leopoldo II ci hanno impedito, ahinoi, di rispondere a molte domande.

    Ha dell'incredibile, comunque, la simpatia provata da molti biografi nei confronti di Giuseppe II, che pure se n'era uscito con un commento negativo sul Ratto del Serraglio ("non è gran cosa"), oltre a quell'altra faccenduola delle "troppe note", che pare fosse riferito invece alle Nozze. Non ne azzeccava una buona, il povero Mozart, con l'Imperatore...

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  7. che poi questa storia del "troppe note" (io la ricordavo per il Ratto) e la risposta di Mozart "tutte quelle che servono", sa molto di luogo comune; lo stesso scambio di battute viene citato per Cherubini-Napoleone.
    Non vorrei fosse come la sciocchezza delle brioches di Maria Antonietta che risaliva a cent'anni prima...

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  8. vi è poi la strampalata e totalmente inattendibile testimonianza di Da Ponte sulle Nozze che "non sono pane per i miei viennesi" con la risposta "lasci che la mastichino un po'"

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  9. Sì, Da Ponte è un po' il Pinocchio dell'autobiografia :D

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