venerdì 14 dicembre 2012

Il Teatro alla Moda: Alle Cantatrici



In primo luogo dovrà la VIRTUOSA moderna incominciare a recitar sul teatro prima di toccar gli anni tredici, nel qual tempo non dovrà saper molto leggere, non essendo ciò necessario alle VIRTUOSE correnti; per tal effetto dovrà ben tenere a memoria alcune Arie vecchie d'Opera, Minuetti, Cantate, etc., facendosi sempre sentire con le medesime, e non avrà mai Solfeggiato né Solfeggerà mai, per non cader ne' pericoli detti di sopra al VIRTUOSO moderno.


Dovrà, quando venga ricercata dall’Impresario per via di Lettere, non risponder subito, e nelle prime Risposte significargli non poter risolvere così presto, avendo altre istanze (benché non sia vero) e, risolvendo poi, pretenderà sempre la prima Parte.
Quando però non sortisca alla VIRTUOSA di ciò con seguire, si accorderà non ostante per la Seconda, Terza e per la Quarta ancora, facendo ella parimente una Scrittura avvantaggiosa a norma del MUSICO e se avesse Zio, Fratello, Padre, Marito, Suonatore, Musico, Ballarino, Compositore, etc., pretenderà ch'egli pure venga impiegato.

Dimanderà che gli venga, subito che si può, spedita la parte, quale si farà insegnare da Maestro CRICA con Variazioni, Passi, belle maniere, etc., avvertendo sopra ogni cosa di non intender punto il sentimento delle parole, né cercare tampoco chi glielo spieghi. 
Avrà bensì qualche Avvocato o Dottor familiare, che gl’insegnerà mover le braccia, batter il piede, girar il Capo, soffiarsi il Naso, etc., senza rendergli però ragione veruna di ciò per non confonderla sovverchiamente.
I Passi, le Variazioni, le belle maniere, etc., se gli farà scrivere da Maestro CRICA sopra quel solito Libro a ciò destinato, quale sempre porterà seco per ogni Paese.
Non si farà sentire dall’Impresario alla prima Visita, ma dirà al medesimo, (sempre presente la signora MADRE): «ch’al m’ scusa mo se sta sira a n’ poss’ servirel, perch’a n’ho mai psù durmir in quel Pladur d’ qula maldetta Barca pina d’ cent’ spirit’, ch’a j n’era dù o tri ch’ pipavin, ch’i m’ha fatt’ vegnir al Zirament’ d’ Testa, ch’a ni ved lum’e s’ m’ dura anch’». Ripigliando la signora MADRE: «O al mi car Sgnor Impersarj, a s’ fa pur i gran patiment’ in sti benditt Viaz’».
Ritornato poi l’Impresario a visitarla e sentirla col Maestro dell’Opera, doppo molte cerimonie e scuse, canter la solita Cantata:

Impara a non dar fede
A chi fede ti giura, anima mia,

e non ricordandosi qualche bella maniera, ricercherà subito la Signora MADRE, che prenda fuor dal Baulo il Libro de’ Passi, quali non farà mai a tempo, soggiungendo «ch’j scusin mò, ch’l’è un gran pezz ch’an’ la digh; e po st’istrument è alt pur assà più dal mì, e st’ Recitativ’ è trop’ malinconich, st’Aria la n’è in s’al mi far, etc.» benché in fatti derivi la difficoltà dal non avere il solito Maestro CRICA che l’accompagni.
A mezza l’Aria poi sopravenendo la Tosse alla VIRTUOSA, soggiungerà la Signora MADRE: «In verità bona ch’ sta Cantà è poc’ ch’la j è arivà d’vì, e adess’ solament la la dis all’improvis: ma la j dirà ben degl’Arj dal Giustin, e dal Faramond’, ch’jn mjori d’ questi. A j è po’ anc’ l’Aria dal GEL e dal CALD, qul’altra dal QUSÌ QUSÌ QUSÌ, qul’altra dal NON SI PÒ, la Scena dal FAZZULETT, dal STIL, dla PAZZÌ, che la Ragazza l’ dis, e s’el fa tutt’a maraveja».
Procurerà la VIRTUOSA Lettere di raccomandazione a Dame, Cavalieri, Monache, etc., a’ quali con una Visita di complimento le presenterà, non lasciandosi mai più vedere da essi a titolo di Rispetto, se non venisse regalata frequentemente.
Gli sarà bensì di maggior profitto il farsi indrizzare a qualche ricco e generoso Mercante, perché questo provederà di Vino, Legne, Carbone, etc., l’inviterà spesso a Pranzo, l’aspetterà a Cena, etc.

Se l’Alloggìo andasse a sue spese, si ritirerà in picciola Abitazione purché sia vicina al Teatro, dove, riverendo Personaggi di qualità, dirà al solito: «Ch’j scusin mò Sgnouri s’i vinen in st’ Cagnizz’ d’ Tugurj, ch’l par just un Partimintin d’ quell dal Camp’ di Bù, perch’ al bisogna acmodars’ alla mej ch’ a s’ po’, pr’ esser vsin al Teatr’. Dal rest’ al me Pajes a i hò un strazz’ d’ Cà da povra Zovna si ben, ma però aj vin la più fiurì e nobil Conversazion».
Cercherà un Protettore particolare ed assiduo, e questo si chiamerà signor PROCOLO, avvertendo (come s’è detto di sopra al MUSICO) d’aver sempre Tosse, Raffreddore, Flussione, Dolor di Capo, di Gola, di Fianchi, etc., lamentandosi con dire: «An’ sò, ch’ razza d’ Città sipa mai questa che st’ajer m’ fa semper Psar la Testa ch’la par un madon, e o st’ pan, e st’ vin’, ch’ as’ compra al m’ fa un mal al Stomg’, ch’a nal poss’ padir assolutament».
Se il Poeta andasse con l’Impresario a leggerli l’oppera, non ascolterà che appena la Parte sua, quale pretenderà che si rifaccia a suo modo, aggiungendo e levando Versi di Recitativo, Scene di pianto, Deliri, Disperazioni, etc. etc. etc.

Si farà sempre aspettare alle Prove, dove comparirà per mano del signor PROCOLO salutando con occhio parziale tutti li Circostanti: del che rimproverata dal signor PROCOLO, risponderà bruscamente: «Cos’è sti smorfi, sti zelusì sproposità? siv’ matt? A n’ savì gnanch’ ch’la Profession porta aqusì? Mo a son pur stuffa di fatt vuster, etc.».
Non canterà mai l’Arie alla prima Prova; né farà i Passi e Cadenze da Maestro CRICA insegnatigli sopra di esse che alla Prova generale in Teatro. Farà sempre tornar da capo l’Orchestra pretendendo che tutte l’Arie vadano più tarde o più preste conforme porteranno i Passi sudetti.
Mancherà a molte Prove, mandandovi in cambio la signora MADRE a far le sue scuse, la quale per lo più dovrà dire: «ch’i compatissin mo Sgnouri, perch’ in sta Nott’ la Ragazza la n’ha mai sù durmir una gozza, perch’l’ ha sintù tant’i gran fracass’ per la strà, ch’ j era d’avis, d’ sentir just la Caruzzazza d’Bulogna. La Ca’ è po pina d’ Pundgh’, che tant’ quant’ as’principia a volers’ apisular un puctin, i dan sù tutt’ ch’i parin tant Diavel’; e pò vers’ dì l’ha pers’ la Scuffia dla Nott’, e s’ n’ l’ha mai psù truvar, ch’l’è stà causa che la s’è afferdà, e s’ n’ cred’ ch’in tutt’ancù la s’ livarà da Lett».
Si lamenterà sempre la VIRTUOSA dell’Abito d’Opera, ch’è povero, che non è alla Moda, ch’è stato portato da altre, obbligando il signor PROCOLO a farlo rifare, mandandolo e rimandandolo ogni momento dal Sarto, Calzolaro, Acconciateste, etc. 

Subito andata l’Opera in Scena, scriverà Lettere agli Amici, ch’è compatita sopra degli altri, che gli fanno replicar tutte l’Arie, i Recitativi, l’Azzione, il soffiarsi il Naso, etc., e che la Tale, che doveva far gran fracasso, appena è ascoltata, perché non intuona, ha cattivo Trillo, poca Voce, mal Sceneggiare, etc. etc., ramaricandosi però ella gravemente all’applauso di tutte l’altre.
Canterà tutte l’Arie battendole in Scena col Ventaglio o col Piede, e se la VIRTUOSA rappresentasse la prima parte pretenderà che nel palchetto de’ Musici la signora MADRE sua occupi il primo luogo, ordinandogli di portar seco ogni sera Fazzoletti bianchi, e di Seta, Mulette, Ampolle con Gargarismi, Aghi, Nèi, Rossetto, Scaldino, Guanti, Polvere di Cipro, Specchietto, Libro de’ Passi, etc. etc.

Avverta la VIRTUOSA di prolungar nelle Ariette per lo più l’ultime Sillabe d’ogni Parola v. g. Dolceeee... favellaaaa... quellaaaa... orgoglioooo... Sposoooo… etc. etc. e se per caso alcuna volta si accorgesse non intuonare, alterar il tempo, etc., dirà: «Sti malditt cembal stasira i en alt’arabià, e sì è just per causa d’ qui bj Sgnouri d’Intermezz’, ch’al par ch’l’Opera staga in pi per lor, e o qul’Orchestra j in piz di urb’ ch’ van al Caldir; gnanc’ un’Aria ch’i m’i aven dà al so Temp just». Prima d’uscire in Scena prenderà sempre Tabacco o dal Protettore o dagli Amici o da qualche Comparsa, che gli dasse dell’illustrissima, e nell’uscir di Teatro accompagnata da Amici dimanderà Fazzoletti per coprirsi dall’Aria, dicendo per strada ragionevolmente alla Signora MADRE «ch’l’avverta ben, ch’a j lass’a li l’incargh’ d’ restituir sti fazzulett’ a chi mi ha imprestà» 
Dovrà con la frequenza possibile alzare in Scena ora il destro ora il braccio sinistro, cambiando sempre dall’una all’altra mano il Ventaglio, sputando ad ogni pausa dell’Arie; cantando con Testa, Bocca e Collo storto continuamente, avvertendo, se rappresentasse Parte da uomo, di tirar sempre su il Guanto d’una mano o dell’altra, d’aver sul Viso più Nèi, scordarsi frequentemente, nell’uscire, Spada, Cimiero, Perucca, etc. Sino che qualche Personaggio recita seco o canta l’Arietta, saluterà la VIRTUOSA moderna (come si è detto di sopra al MUSICO) le Maschere ne’ Palchetti, sorridendo col Maestro di Capella, co’ Suonatori, Comparse, Suggeritori, etc., ponendosi dopo il Ventaglio al Viso, perché si sappia dal popolo esser ella la Sign. GIANDUSSA PELATUTTI, non già l’Imperatrice FILASTROCCA che rappresenta, il di cui carattere maestoso potrà poi conservarlo fuor del Teatro.

Dirà sempre che, terminato il Carnovale, prende Marito, ch’è già promessa con Personaggio di qualità; e ricercata nell’Onorario, soggiungerà ch’è una bagatella, ma ch’è venuta per esser sentita e compatita, non ricusando poi a tal effetto Protettori ed Amici, di qualunque Grado, Nazione, Professione, Fortuna, etc.
La prima Donna insegnerà l’Azzione a tutta la Compagnia. Se la VIRTUOSA facesse da seconda Donna, pretenderà dal Poeta d’uscire in Scena la prima, e, ricevuta la Parte, numererà le Note e le Parole della medesima, e se in caso si accorgesse d’esser inferiore a quella della prima Donna, obbligherà Poeta e Maestro di Capella a raguagliargliela così di Parole come di Note, avvertendo di non cedergli punto nello strascico della Coda, nel Belletto, Nèi, Trillo, Passi, Cadenze, Protettore, Papagallo, Civetta, etc.

Anderà a visitare ora questo ora quel Palchetto, dove si lamenterà sempre, dicendo: «Aj hò ben po una Part ch’ n’è mai fatta al me doss’, e po sta sira an’ poss’ avrir la bocca d’ sorta fatta, cosa ch’ n’ m’ è mai intravegnù in tant Pajs ch’a j ho cantà ai mi dì. E po an’ s’ po’ miga far l’ation e cantar a temp’ Musica d’ sta fatta ch’l’è stretta inspirtà, e s’ n’ si po far gnint dentr’: e s’ l’Impersarj, o ’l Mester d’Capella n’j n’ cuntint, ch’i vegnin lor a cantarla, ch’ mi a son stuffa. E s’j n’ m’ lassaran star a son Mustazzina d’ fari al Bal dal Pianton, ch’ a n’ ho brisa pora d’ bi umorin, ch’ a j hò anca mi ’l mi protezion, etc.».
Farà Cadenze la VIRTUOSA moderna di cento bocconi, avvertendo (conforme s’è detto di sopra al MUSICO) di ripigliar fiato più volte, ricercar gli ultimi acuti, e dar al Trillo la solita storta di Collo; e ricercata dal Maestro di Capella delle sue Chorde, ne dirà sempre due o tre più alte e più basse.
Condurrà seco ogni sera (per aggiunger Concorso e credito all’Opera) dieci o dodeci Maschere franche di porta, oltre il Signor PROCOLO, alquanti Sotto PROCOLI, il Maestro dell’Azzione, etc. etc. etc.
Facendosi sentire la VIRTUOSA dall’Impresario, gli canterà al Cembalo con l’Azzione, e rappresentandogli qualche Scena in due Personaggi a sedere, farà entrare, in luogo dell’altro, o la Signora MADRE o ’l Protettore o la Serva di Casa.

Anderà alla Prova generale d’altri Teatri facendo applauso a’ Virtuosi nel tempo che ogn’uno è in silenzio, acciò si sappia da tutti ch’ella è presente: aggiungendo a chi fosse in sua Compagnia: «Mo perch’a n’oja mai mi qul’Aria con quel Recitativ’, o qula Scena dal Stil, o dal Vlen, o dal piant’ in Znoch’? Guardà cmod’ i languiss’ in bocca ogn’ cosa a qula gran Virtuosa da cinqu’ millia cinquecent’ e cinquantacinqu’ lir dla nostra Munejda? Mi a n’ m’ tocca mai sti baz: sempr’ del part’ spalà, di Suliloquj etern’, di Lazarun, ch’ a n’ s’ po’ gnanc’ mustrar qula poc’ d’abilità ch’ s’ hà, etc. etc.».
Avuta la Parte della second’Opera, manderà subito l’Ariette (quali per maggior sollecitudine farà copiar senza Basso) a Maestro CRICA, perché le scriva i passi, le variazioni, le belle maniere, etc. E maestro CRICA senza saper l’intenzione del Compositore quanto al tempo delle medesime e come siano concertati bassi o istromenti, scriverà sotto di esse nelloco vacuo del basso tutto ciò che gli verrà in Capo in gran quantità, perché la VIRTUOSA possa variar ogni sera.

Lodata, la VIRTUOSA risponderà sempre star mal di voce, non poter cantare, che non canta mai, etc. e prima di partire dal suo Paese pretenderà dall’Impresario metà dell’Onorario per far il Viaggio, vestir il Protettore, provvedersi d’Ovata, di Trilli, Appoggiature, etc. etc.; e porterà seco Papagallo, Civetta, un Gatto, due Cagnolini, una Chizza gravida ed altri Animali, ai quali tutti il Signor PROCOLO darà da mangiar e bere per viaggio.
Ricercata poi d’altra Virtuosa, risponderà: «A la cgnoss’ a risgh’ a risgh, e con lì a n’ hò mai avù incontr’ d’ recitari». Ma se avesse cantato seco ripiglierà: «L’è mej taser, ch’ mal parlar, e po la feva una Partsina, ch’la n’ aveva altr’ ch’ trei Arj e s’i in tossen d’ vi dou la segonda sira. E po la s’ingrassa tan ch’la par un sacc’ vsti, e s’ losna al temp ch’la guarda un puctin tra la Zeda e al Pergular, e in Scena l’è ladra arabià. L’è po invidiousa e s’ pianz’ agl’ applaus degli altr’, e a so mi ch’l’ hà di annaritt’, seben ch’ al Prutettor e so Mader la fan una fantsina; la s’è dscredità po l’ultima volta a recitar in s’ la Sala, etc. etc.».
La prima Donna baderà pochissimo alla seconda, la seconda alla terza, etc.; non l’ascolterà in scena, ritirandosi nel tempo che canta l’Aria, prendendo Tabacco dal Protettore, soffiandosi il Naso, guardandosi in Specchio, etc. etc.
Se la VIRTUOSA avrà una Parte d’azzione e che non incontri, dirà che per lo più gli tocca far scena col Tale o con la Tale che non gli danno i Lazi opportuni; e non avendo Parte d’azzione, protesterà che il Poeta e ’l Maestro di Capella l’hanno assassinata con tutto che siano stati avvisati della sua abilità, pregati dal signor PROCOLO e regalati.
Non farà mai a modo dell’Impresario, fuorché nellamentarsi della Parte, nel farsi aspettar alle Prove, nellasciar l’Arie, etc.

Venendo favorita di Sonetti, ne appenderà molti nella Stanza del Clavicembalo: avvertendo di far unire quelli di Seta, benché siano di vari colori, dalla Signora MADRE, per far Coperte alla Tavoletta, al Busto, etc. Manderà Libretto, Arie, Sonetti, Epigrammi ed alquanti Ritagli dell’Abito al Protettore che seco non fosse; e prima d’incominciare ogni Arietta, guarderà attentamente il Maestro di Capella o ’l primo Violino aspettando da loro il cenno per entrar a tempo, etc.
Metterà ogni studio la VIRTUOSA moderna per variar l’Arie ogni sera e quantunque le Variazioni non abbiano punto che fare col Basso, co’ Violini unissoni o concertati o convenga non intuonare, ciò nulla importa, perché il Maestro di Capella moderno già è Sordo e Muto. E quando non sappia la VIRTUOSA che più variare, studierà di fare i Passi ancora nel Trillo, che ciò solamente resta a sentirsi dalle VIRTUOSE correnti.
Cantando Duetti non si unirà mai col Compagno e particolarmente tarderà alla Cadenza piccandosi di Trillo lungo; e dirà di non voler Arie, che morano in Scena, desiderando di ricever dal Popolo il solito Eviva o buon Viaggio nell’entrar dentro.

Non leggerà però mai il Libretto dell’Opera, imperciocché (come si è detto di sopra) la VIRTUOSA moderna non deve intenderlo punto e nel scioglimento all’ultima Scena sarà ben fatto che non badi molto, si metta a ridere, etc.
Nell’Arie e Recitativi d’azzione avverta bene di servirsi ogni sera de’ stessi Movimenti di Mano, Testa, Ventaglio etc., soffiandosi il Naso all’ora solita, col bel Fazzoletto, quale per lo più si farà portare dal Paggio in qualche Scena di forza.
Facendo la VIRTUOSA porre qualche Personaggio in Catene e cantandogli un’Aria di sdegno, nel tempo del Ritornello parlerà col medesimo, riderà, gli mostrerà Maschere ne’ Palchetti, etc.
Se cantasse Arie con parole di Crudele, Traditor, Tiranno, etc., guarderà sempre il Protettore nel Palchetto, o dentro le Scene: nell’altre poi di caro, mia Vita, etc., si rivolgerà al Suggeritore, all’Orso, o a qualche Comparsa.
Procurerà d’introdurre in tutte l’Arie preste, patetiche, allegre, etc., un certo novissimo Passo di Semicrome legate a 3 a 3, e ciò per sfuggire al possibile la varietà nel cantare, che più non s’usa, e quanto sarà più acuto Soprano, tanto sarà più facile che ottenga la prima Parte.
Piangerà dirottamente (a moti d’invidia virtuosa) all’applauso di qualunque Personaggio, Orso, Terremoto, etc., pretendendo dal signor PROCOLO i soliti SONETTI ad ogn’ Aria.
Se la VIRTUOSA dovesse rappresentare Parte da Uomo, dirà la signora MADRE: «o in quant’ a quel bisogna ch’ tutt’ ceden alla mi Fiola. An stà ben a mì a direl, ma per tutt’ la s’ è fatt’ un’unor immurtal. Se ben ch’la par un po’ goba, e affagutà, in scena però l’è dritta cm’ è un fus’, e linda cm’ è un pindulin. L’ è scarma, l’ hà un par d’ Gamb’ ben fatt, ch’ i paren du balaustr’, e un bellissim caminar. E po a s’ po infurmar d’ qula gran Part da Tirann ch’l’ hà fatt’ l’an’ passà a LUG (dov’ as’ fa qui gran Uperun) ch’ tutt’ i andavin drí matt’».

Saprà la VIRTUOSA a memoria la parte di tutti più che la sua, quale canterà tra le Scene, avvertendo ancora fin ch’altri canta di sturbarli al possibile, facendo gran strepito con l’Orso, Comparse, etc. e se il Signor PROCOLO salutasse, parlasse o facesse applauso a qualche Ragazza lo sgriderà bruscamente, dicendo gli: «A n’ la vlen finir st’instoria, o vliv ch’ av daga di smasslun, o di pugn’ il t’ al Mustazz’ fin ch’ a psì purtar, vecch’ matt’? A nev’ cuntintà d’ una ch’ a j avì tutt’ l’impegn, ch’ a vlì far al Muscon e al Sparaguai con tutti? Mo a qula Braghira po’ a so quel ch’ a j hò da far per farla abadar ai fait sù. La farev mej a star in ti su sì quatrin, perch’ a son Mustazzina d’ sbattri tant la Part’ in tal grugn finch’la fazza la stoppa», etc. etc. etc. etc.



(grazie a Misterpapageno per avermi suggerito foto e video)

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