giovedì 1 marzo 2012

Europa riconosciuta: Salieri inaugura la Scala - La musica


Mentre te ne stai aspettando quando si dia il principio ascolti un tuono, poi uno scoppio di fulmine, e questo è il segnale perché l'orchestra cominci l'ouverture; al momento che s'alza il sipario, vedi un mare in burrasca, fulmini, piante sulla riva scosse dal vento, navi che vanno naufragando, e la sinfonia imita la pioggia, il vento, il muggito delle onde, le grida dei naufraganti; poco a poco si calma, si rasserena il cielo, scendono gli attori da una nave e il coro e alcune voci sole cominciano l'azione. Hai in seguito trionfi, armate schierate, 36 cavalli in ordine, combattimenti, incendi, lotte, anfiteatri con fiere, Fetonte che cade fulminato; è una lanterna magica di oggetti mal connessi, ma che obbligano a stare attento.

(Pietro Verri, lettera al fratello Alessandro 5 agosto 1778)



Il Regio Ducale teatro della Scala venne inaugurato il 3 agosto 1778 "con sì grandiosi spettacoli, che ne dura ancor viva la memoria" (Foscolo, 1821). Il passo della lettera dell'inesauribile Pietro Verri che abbiamo proposto in apertura restituisce un'istantanea della sfarzosa messa in scena. Per il solenne aprimento le scenografie (ben 10 diverse ambientazioni si susseguono nel corso dello spettacolo) vennero ideate e realizzate dai fratelli Galliari, "abili scenografi addetti stabilmente ai teatri di Torino e di Milano, emuli del Bibiena al quale anzi erano superiori per l'espressione schietta del vero e gli artifici illusivi delle macchine" come li definì il loro successore alla Scala, Pietro Gonzaga. Non vi era verosimiglianza storico-stilistica delle scene, argomento che si consoliderà solo successivamente, anzi gli stili architettonici spesso venivano diversificati in funzione del loro valore evocativo: vi sono spunti medievali per il carcere e l'interno del Tempio della Vendetta, forme classicheggianti per gli esterni e echi barocchi per le sale della reggia.
Proporzionate al fasto dell'occasione e alla grandezza del teatro sono le maestranze coinvolte:
L'orchestra ha 30 violini, 13 bassi da arco e 2 fagotti, 8 viole, 4 trombe, e 4 corni da caccia, 6 oboè, 2 flauti, timpaniere, cembalista etc., in tutto più di 70 parti. I balli sono composti da più di 50 ballerini, e più di 40 cantori vi sono ne' cori, tutto metà uomini e metà donne. [...] La pompa dei vestiti è somma, le comparse ti popolano il palco di più di cento figure, i cantanti dei cori hanno più mutazioni di abito, la spesa è somma.
Naturalmente d'eccezione anche i solisti, celebri virtuosi: Maria Balducci e Franziska Danzi nelle acrobatiche parti di Europa e Semele; i castrati Pacchiarotti nel ruolo di Asterio e il giovane Giovanni Rubinelli in quello di Isseo; non inferiore era il tenore Antonio Prati nella parte del perfido Egisto.
Nell'apparente parità di ruoli primeggia di fatto la stella di Gaspare Pacchiarotti, acclamato castrato marchigiano che da una dozzina d'anni mieteva successi nei teatri italiani e destinato a una fama ancor maggiore negli anni successivi. Come riferisce Lord Mount-Edgcumbre la sua voce "era quella di un soprano di ampia estensione, piena e dolce al massimo grado; aveva grandi capacità esecutive, ma troppo buon gusto e buon senso per abusarne quando non era il caso, e si limitava ad un'aria di agilità per ogni opera, consapevole che le delizie principali di canto e la sua suprema eccellenza consistevano nel raggiungere un potere espressivo caldo e raffinato". Le arie e i recitativi a lui destinate in Europa riconosciuta sono improntati ad esaltare al massimo grado le sue capacità drammatiche e patetiche.

Atto Secondo, scena VI: recitativo e aria di Asterio

Accanto a lui stava il non meno celebre Rubinelli, cantante  bresciano ammirato per la voce chiara e sicura, per la perfetta intonazione e lo stile drammatico, destinato a una carriera untraquarantennale. Secondo Burney soltanto Pacchiarotti lo superava in ricchezza di invenzione e fantasia negli abbellimenti e nella spontaneità drammatica, ma il pubblico lo preferiva comunque a quest'ultimo. 
Maria Balducci, Europa, era una "giovane di bellissima figura, di voce chiara ed agile, di guisa che sorprende [...]; recita ancora assai bene"; appena ventenne, l'inaugurazione della Scala rappresentò il culmine di una breve carriera interrottasi nel 1784 forse a causa di un matrimonio socialmente elevato. La parte di Europa è quella di madre e moglie apprensiva e preoccupata, fragile e tormentata, che ben si esprime nei concertati e nei recitativi. La Balducci può brillare in un'aria di grande virtuosismo, non giustificata dal lato drammatico (il testo suggerirebbe tutt'altra veste sonora), ma d'obbligo per consentire alla cantante di dimostrare le sue doti al pubblico




Franziska Danzi era una celebre cantante tedesca, sorella del compositore Franz Danzi e moglie del celebre Ludwig August Lebrun, oboista della leggendaria orchestra di Mannheim. Nota per l'agilità e l'estensione della voce era anche pianista e compositrice.
La sua parte è di tessitura straordinariamente acuta (raggiunge il Fa# sovracuto) e irta di spericolate agilità, fuochi d'artificio consoni al clima di festa. Verso la fine del II atto Semele canta un'aria nella quale le agilità vocali si intrecciano con le note di un'oboe concertante (parte probabilmente scritta per il marito della Danzi) in una rigogliosa competizione di trilli, scale e arpeggi. 




Ma com'è la musica di Salieri? Europa riconosciuta dovette suonare piuttosto inedita ai milanesi: a parte la cavatina di Asterio e l'aria con coro di Isseo nel primo atto, vi sono solo 5 arie solistiche in tutta l'opera, collocate nel secondo atto; esse inoltre abbandonano il tradizionale da capo privilegiando la più moderna forma binaria. I personaggi interagiscono spesso in recitativi accompagnati, duetti e ampi concertati nei quali interviene anche il coro. Le forme musicali di Salieri sono agili, brevi, molto variate, talvolta disorganiche per eccesso di spezzature ma leggere, sciolte e capaci di svolgere il dramma con una velocità inedita. Il modello gluckiano è evidente, "nella successione libera di brevi episodi, battute frammentarie, poche ripetizioni di parole, fulminei interventi del coro e una costante agilità di movimenti orchestrali" (Gallarati); esempio lampante di questo influsso è l'ouverture, una tempesta priva di una vera e propria linea melodica, costruita con tremoli, rapide semicrome, sincopi, scale, scoppi fragorosi e lunghe pause, accordi dissonanti (viene subito in mente il collegamento con la tempesta della gluckiana Iphigénie en Tauride che vedrà la luce l'anno seguente).  Altrettanto evidente l'influsso dell'opera comica (nella quale Salieri aveva già una certa esperienza, con dieci lavori all'attivo): i recitativi accompagnati e i cori sono più movimentati e meno solenni di quelli di Gluck, ma soprattutto vi è la presenza di tre grandi concertati d'azione estranei al mondo aulico del dramma metastasiano, mossi da un ritmo drammatico incalzante in un crescente climax di tensione e concitazione.


Atto Primo, Scene II, III e IV


L'invenzione melodica di Salieri, seppur gradevole, è sempre piuttosto generica e prevedibile, di corto respiro, priva della capacità di sviluppo e dell'unità stilistica che saranno proprie di Mozart, ma diverse volte supera quest'ultimo nel pensiero armonico, notevole  e raffinato. Salieri si trova a suo agio con le forme brevi, agili e leggere, supplendo con un elevato eclettismo di generi (italiano, francese, serio, buffo, tragico, eroico) alle carenze dell'invenzione capace di suscitare l'entusiasmo di Spontini e di Berlioz. Notevole è anche il suo modo di scrivere per le voci, superiore a quello di molti suoi contemporanei, per il quale venne elevato a modello di stile compositivo.
Non dobbiamo commettere l'errore di biasimare la musica di Europa riconosciuta per la scarsità di approfondimenti sentimentali o psicologici. "Graziosa, riposante, evasiva, essa lascia al cantante le luci della ribalta, incuriosisce per l'imprevedibilità delle forme che Salieri adotta": non dimentichiamo che si tratta di una grande festa, dove le esigenze spettacolari prevalgono sull'unità stilistica e drammatica. 


Atto Primo, Scena IX [Finale]


L'opera non venne più ripresa dopo la stagione d'apertura del teatro, e le ragioni possono essere molte: la difficoltà di mettere insieme un cast composto da cinque prime parti di grande bravura, la presenza di un coro molto attivo, le ingenti spese di allestimento, ma anche il carattere celebrativo e drammaticamente carente dell'opera, inadatta a soddisfare le nuove esigenze che si stavano sviluppando in Europa e che vedevano il declino dell'opera seria.


Europa riconosciuta è stata nuovamente rappresentata in occasione della riapertura del Teatro alla Scala nel dicembre 2004 dopo gli interventi di restauro e ammodernamento. A nostro parere l'allestimento ha mostrato più le debolezze che i pregi del lavoro: la mancanza di un cast di solisti veramente eccellenti in ogni parte, ma soprattutto il vuoto delle scenografie e la fiacca regia hanno molto nociuto alla godibilità dell'opera, che non regge se non in un contesto di spettacolarità.

Atto Secondo, Finale

4 commenti:

  1. Grazie, come sempre, Megacle per questi interessantissimi aneddoti e approfondimenti, sempre piacevolissimi. Volevo, con il presente, portare la mia testimonianza riguardo all'Europa Riconosciuta del 2004, avendo avuto la fortuna (o forse no...) di essere in sala quella sera. La regia era qualcosa di davvero scarso, noiosa ed insipida, il che non giova ad un'opera di per se non ricchissima di argomenti. Sul cast mi taccio, perchè non meritano neanche le parole di un semplice studioso quale me. Unica nota positiva la direzione del Maestro Muti, che ha saputo interpretare (per carità, non è il suo campo ne mai lo sarà) la partitura in modo elegante e mai banale. Alla prossima, Stefix

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  2. Ciao stefix e benvenuto :)
    beh siamo concordi sulla regia, come ho detto si trattava di uno spettacolo concepito per essere una "festa" con tutto ciò che comporta. La regia scaligera invece finiva per mettere in evidenza le carenze strutturali.
    Ne è un segnale il fatto che del primo atto applausi convinti sono stati tributati solo al balletto, mentre l'opera ne ha ricevuto solo qualcuno timido e stentato.
    Muti ha dato una lettura "alla gluck", molto neoclassica, che in alcuni punti smaccatamente di stile galante un po' strideva, ma nulla si può obiettare sulla qualità musicale dell'orchestra(ahimè sembrano tempi molto remoti).
    A quale rappresentazione hai assistito?

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  3. Ciao Megacle! Dopo un periodo denso di impegni torno alla carica con un articolo sul mio blog personale sperando che anche tu abbia sempre tempo per occuparti di musica.

    Intervengo più che altro per notare una faccenda curiosa: a 1:36 del terzo video c'è un'anticipazione di un tema beethoveniano, precisamente quello (splendido) che si incontra all'inizio del 3° movimento del Trio Arciduca.

    Chissà, forse inconsciamente Beeth ha ricordato il suo maestro in quel Trio...

    Kraus

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    1. Ciao Kraus, effettivamente è un periodaccio per me (lavoro, esami, tesi...) e non ho per il momento tempo di scrivere per il blog, pur avendo molti articoli scritti a metà :)

      Non avevo notato la particolarità del tema, grazie della segnalazione!

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